giovedì 13 marzo 2008

Sul carro del vincitore

Lo scenario che si è venuto a delineare nel panorama politico italiano ha dei connotati che non devono essere sottovalutati: il Popolo Delle Libertà ormai lo conosciamo bene e la candidatura di Ciarrapico non ha fatto altro che sottolineare i già ben noti valori anticostituzionali e per giunta fascisti che da sempre hanno caratterizzato questo schieramento (la candidatura della Mussolini e le ultime dichiarazioni di Fini sul voto del 13 aprile come giornata di liberazione dalla sinistra ben li testimoniano).
L'elemento nuovo e al contempo negativo di questo scontro elettorale è il Partito Democratico.
Mi spiego meglio: nel 1991, in seguito alla caduta del muro di Berlino, la destra riformista di quello che è stato il più grande partito comunista d'occidente, il Partito Comunista Italiano, preso atto della sconfitta storica del movimento operaio, accettò il capitalismo come punto d'arrivo della società, reagì a tale sconfitta "da destra", ovvero si convinse che il neocapitalismo imperversante e lo scioglimento del blocco sovietico, aprendo di fatto le porte alla globalizzazione, avrebbero determinato una sorta di età dell'oro, un'era in cui lo sfruttamento fisico della forza lavoro di un essere umano si sarebbe tradotto in un'emancipazione all'insegna della modernizzazione e della crescita economica. Così non è stato.
Con la nascita del Partito Democratico si è sancita definitivamente questa presa di posizione; si è saliti sul carro del vincitore, sul carro del capitalismo. Calearo (presidente uscente di Federmeccanica) e Colannino (presidente dei giovani industriali) non sono candidati di facciata: essi ben testimoniano la sostanza ideologica di questo partito.
Siamo rimasti noi, comunisti del terzo millennio, figli di quella bruciante sconfitta storica, ma eredi allo stesso tempo di lotte che in più di un secolo hanno infiammato l'Europa e non solo, portando la classe lavoratrice a conquistare diritti sino ad allora impensabili. E come eredi di questa grande storia ci portiamo dietro le divisioni, i settarismi, i burocraticismi che la sinistra del '900 ci ha lasciato. La Sinistra-Arcobaleno è un primo passo, per alcuni troppo timido, verso il superamento di questa sconfitta: ma è pur sempre un passo avanti.
Dopo il voto del 13 Aprile i dirigenti di questa nostra Sinistra avranno il dovere morale di riaprire un dibattito interno ai partiti e fuori sul "che fare", pena la scomparsa nella società italiana del movimento operaio come soggetto politico. A noi giovani spetterà l'impellente dovere di superare quelle divisioni settarie che per l'età che abbiamo non ci possono e non ci devono riguardare, le quali divisioni, semmai, diventeranno identità da valorizzare e custodire gelosamente all'interno di un contenitore più grande.
Il voto del 13 Aprile non sarà solo un voto: sarà un investimento in un progetto e un'idea di società a cui noi, giovani militanti di questa sinistra, abbiamo il diritto di aspirare.

Andrea Coghene

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