Si è da poco concluso il colloquio privato tra il presidente americano e il Papa in Vaticano, durato circa mezz’ora, come da protocollo. Un incontro che giunge due mesi dopo la visita di Ratzinger alla Casa Bianca in cui si sono affrontate le questioni internazionali all’ordine del giorno ma anche altre morali come l’aborto, le unioni gay e la ricerca sulle cellule staminali.
Ieri a villa Madama l’incontro con Berlusconi, che non manca di ribadire che «Bush è un amico mio personale e un grande amico dell’Italia ed ha dato a Roma il privilegio di essere la capitale europea dove è venuto più volte: ci ha onorato sei volte della sua presenza». Un benvenuto dato in nome di tutti gli italiani come atto di «riconoscenza» verso un Paese che «ha sacrificato molte vite per la difesa della libertà e della democrazia». Anche in nome di tutti coloro che hanno manifestato contro la visita del presidente Usa.
Segni tangibili di questa «riconoscenza» sono la conferma di tutti gli impegni militari all’estero. E ancora, la rimozione in Afghanistan dei cosiddetti caveat, i limiti delle regole d’ingaggio, la disponibilità all’invio di aerei Tornado al posto di quelli tedeschi e un maggiore impegno nell’addestramento della polizia. A questo si aggiunge la promessa fatta da Frattini, ieri a Parigi, di stanziare 50 milioni di euro l’anno fino al 2011 per l’Afghanistan. Stessa sorte è toccata alla Francia, che ha stanziato 107 milioni di euro per il periodo 2008-2010. Si ricordi che l’Italia, con ben 424 milioni di dollari già versati, occupa il nono posto per gli aiuti al regime di Karzai, mentre la Francia il 22esimo. Primi sono gli Stati Uniti seguiti da Giappone, Gran Bretagna, Ue, Banca mondiale, Germania, Canada e Banca asiatica di sviluppo.
Un’uguale generosità non è stata espressa da Bush, che non si è voluto sbilanciare sull’ingresso dell’Italia nel gruppo dei 5+1, anticamera informale del Consiglio di sicurezza Onu allargato. Unica concessione sta nel fatto di considerare «seriamente la questione». E questo nonostante le esternazioni lusinghiere di Berlusconi, che definisce la Nato «lo strumento per mantenere la pace nel mondo» ed assicura il rinnovato impegno da parte del suo governo per «chi non trova da solo la strada della libertà» con l’obiettivo della «sconfitta totale del terrorismo».
Ad opporsi all’ingresso del nostro Paese nei 5+1, rimane soprattutto la Germania, che accusa il governo Berlusconi di farne una mera «questione di prestigio». A dirlo è l’ex ministro degli Esteri Joschka Fiscker, che parla di un comportamento «pericoloso» perché si tratta di una situazione serissima e non di «un gioco di vanità». Giudica del tutto «inutile cambiare la formula dei negoziati», ciò nonostante invita l’Italia a dare il suo contributo ma con modi diversi.
Sulla richiesta americana di rivedere i rapporti economici, Berlusconi insiste: «Noi rispettiamo le sanzioni Onu contro quel Paese, le nostre attività commerciali riguardano vecchi contratti del passato». E continua: «La nostra presenza lì potrebbe essere utile a portare avanti la politica che Bush e Putin hanno individuato per quel Paese». Da parte sua, Bush ha confermato che con l’Iran «tutte le opzioni sono sul tavolo», perché Teheran «deve rinunciare alle ambizioni di sviluppare armi nucleari».
Ieri a villa Madama l’incontro con Berlusconi, che non manca di ribadire che «Bush è un amico mio personale e un grande amico dell’Italia ed ha dato a Roma il privilegio di essere la capitale europea dove è venuto più volte: ci ha onorato sei volte della sua presenza». Un benvenuto dato in nome di tutti gli italiani come atto di «riconoscenza» verso un Paese che «ha sacrificato molte vite per la difesa della libertà e della democrazia». Anche in nome di tutti coloro che hanno manifestato contro la visita del presidente Usa.
Segni tangibili di questa «riconoscenza» sono la conferma di tutti gli impegni militari all’estero. E ancora, la rimozione in Afghanistan dei cosiddetti caveat, i limiti delle regole d’ingaggio, la disponibilità all’invio di aerei Tornado al posto di quelli tedeschi e un maggiore impegno nell’addestramento della polizia. A questo si aggiunge la promessa fatta da Frattini, ieri a Parigi, di stanziare 50 milioni di euro l’anno fino al 2011 per l’Afghanistan. Stessa sorte è toccata alla Francia, che ha stanziato 107 milioni di euro per il periodo 2008-2010. Si ricordi che l’Italia, con ben 424 milioni di dollari già versati, occupa il nono posto per gli aiuti al regime di Karzai, mentre la Francia il 22esimo. Primi sono gli Stati Uniti seguiti da Giappone, Gran Bretagna, Ue, Banca mondiale, Germania, Canada e Banca asiatica di sviluppo.
Un’uguale generosità non è stata espressa da Bush, che non si è voluto sbilanciare sull’ingresso dell’Italia nel gruppo dei 5+1, anticamera informale del Consiglio di sicurezza Onu allargato. Unica concessione sta nel fatto di considerare «seriamente la questione». E questo nonostante le esternazioni lusinghiere di Berlusconi, che definisce la Nato «lo strumento per mantenere la pace nel mondo» ed assicura il rinnovato impegno da parte del suo governo per «chi non trova da solo la strada della libertà» con l’obiettivo della «sconfitta totale del terrorismo».
Ad opporsi all’ingresso del nostro Paese nei 5+1, rimane soprattutto la Germania, che accusa il governo Berlusconi di farne una mera «questione di prestigio». A dirlo è l’ex ministro degli Esteri Joschka Fiscker, che parla di un comportamento «pericoloso» perché si tratta di una situazione serissima e non di «un gioco di vanità». Giudica del tutto «inutile cambiare la formula dei negoziati», ciò nonostante invita l’Italia a dare il suo contributo ma con modi diversi.
Sulla richiesta americana di rivedere i rapporti economici, Berlusconi insiste: «Noi rispettiamo le sanzioni Onu contro quel Paese, le nostre attività commerciali riguardano vecchi contratti del passato». E continua: «La nostra presenza lì potrebbe essere utile a portare avanti la politica che Bush e Putin hanno individuato per quel Paese». Da parte sua, Bush ha confermato che con l’Iran «tutte le opzioni sono sul tavolo», perché Teheran «deve rinunciare alle ambizioni di sviluppare armi nucleari».
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