La nuova direttiva Ue prevede fino a 65 ore di lavoro settimanali. Mentre in Italia si rischia lo stravolgimento delle normative che regolano contratti e tutele per i lavoratori, in Europa le cose non vanno poi molto diversamente. I ministri del Lavoro dei 27 Stati membri, riunitisi ieri in Lussemburgo, hanno raggiunto un accordo che permette di superare il tetto massimo delle 48 ore lavorative settimanali.
Con il parere favorevole di quasi tutti i Paesi, compresa l'Italia, e la sola esclusione di Spagna, Belgio, Grecia, Ungheria e Cipro che si sono astenuti, è stata varata la direttiva che permette di applicare deroghe alla settimana lavorativa di 48 ore, arrivando a 60 ore di lavoro a settimana e addirittura a 65 ore nel caso dei lavori a chiamata. La nuova legislazione europea rivede la direttiva del '93 sull'orario di lavoro che fissava il limite a 48 ore e che però già permetteva ampie libertà ai singoli Stati. Per cui, soprattutto in Gran Bretagna, molte aziende facevano firmare ai dipendenti una liberatoria dagli obblighi della direttiva, possibilità che rimane anche nella nuova direttiva che fissa il tetto di 60 ore, a meno che accordi tra le parti sociali non prevedano altri limiti. Praticamente i lavoratori dipendenti rischieranno di non essere più tutelati e di venire invece costretti dalle aziende a turni massacranti.
Eppure la commissione europea si dice soddisfatta dell'accordo, che dovrà però passare ora al vaglio dell'Europarlamento, dove la sinistra promette di dare battaglia. «E' l’ennesimo colpo di piccone ai diritti sociali in Europa» è il commento di Dino Tibaldi, responsabile Lavoro del Pdci, ad un accordo che «decreta la fine delle 48 ore settimanali di lavoro conquistate dall’organizzazione internazionale del lavoro nel 1917. Non stupisce l’entusiasmo di Confindustria e di Sacconi per tale accordo. Per contrastare tutto ciò è necessaria una stagione di mobilitazione come avvenuto sulla Bolkestein, affinché l’accordo non venga ratificato dal Parlamento europeo. Si tratta di una direttiva inaccettabile che, oltre a peggiorare le condizioni di lavoro, è una mina contrattuale che se applicata porterà acqua al mulino di chi punta al superamento del contratto di lavoro, non solo per quanto riguarda i salari anche per le regole e normative sull’orario di lavoro». In compenso nella direttiva varata dai ministri del Welfare europei viene stabilita parità di trattamento per i lavoratori temporanei e quelli a tempo indeterminato per quanto riguarda la retribuzione, il congedo e la maternità.
Il testo prevede per gli 8 milioni di lavoratori di agenzie interinali in Europa gli stessi diritti degli occupati a tempo indeterminato, ma anche in questo caso saranno comunque ammesse deroghe attraverso accordi tra le parti sociali nazionali e settoriali.
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