martedì 26 febbraio 2008

Thyssen: omicidio volontario

Uccidere sette lavoratori è reato
(25.2.08) - Dopo due mesi e 19 giorni di indagini, sabato la procura di Torino ha formalmente chiuso l'inchiesta sul rogo avvenuto alla ThyssenKrupp il 6 dicembre scorso e che è costato la vita a sette operai.

All'amministratore delegato del gruppo italiano, Harald Espenhahn, è stato contestato il reato più grave: omicidio volontario con dolo eventuale e l'incendio con dolo eventuale. Espenhanh ha posticipato dal 2006-2007 al 2007-2008 gli investimenti per il miglioramento dei sistemi antincendio dello stabilimento di Torino, pur sapendo che a quella data la sede sarebbe stata chiusa. Il secondo punto riguarda l'adeguamento della linea 5, teatro del disastro: anche in questo caso, nonostante le indicazioni tecniche fornite da un gruppo di studio interno all'azienda e da una compagnia assicuratrice, è stato deciso di dotarla di impianti di rivelazione incendi e di spegnimento all'epoca successiva al trasferimento a Terni, nonostante gli impianti fossero in piena attività.

Oltre all'amministratore delegato Espenhahm, il provvedimento depositato dalla Procura riguarda i consiglieri delegati Marco Cucci e Gerald Priegnitz, un responsabile in servizio alla sede di Terni della multinazionale, Daniele Moroni, il direttore dello stabilimento di Torino Giuseppe Salerno, il responsabile del servizio prevenzione protezione ai rischi sul lavoro Cosimo Cafueri. Per loro, a seconda delle condotte, si ipotizza l'omicidio colposo e l'incendio colposo con colpa cosciente e l'omissione volontaria di cautele contro gli incidenti. La ThyssenKrupp è inoltre chiamata in causa come persona giuridica.

La Procura è arrivata a questa conclusione anche grazie ad un precedente verificatosi alla ThyssenKrupp Nirosta, una delle sedi della multinazionale in Germania, il 22 giugno 2006. Secondo un rapporto interno si trattò di un incendio talmente grave che «solo per miracolo non c'erano stati né morti né feriti».In seguito all'incidente le assicurazioni imposero una franchigia specifica di 100 milioni di euro invece dei 30 previsti fino a quel momento. Diverse sedi del gruppo adeguarono gli standard di sicurezza, ma non quella di Torino perché, secondo i magistrati, già dal 2005 si era previsto di trasferire gli impianti a Terni e il trasloco che fu ritardato, fra le altre cose, anche per evitare problemi di immagine, per le Olimpiadi del 2006 nel capoluogo piemontese.

«Che la ThyssenKrupp avesse una tremenda paura dei magistrati inquirenti che si occupano dell'esplosione costata la vita a sette operai, lo si era capito apprendendo alcune settimane fa del dossier segreto scritto dall'azienda, e dei nomi e cognomi “incriminati”. Adesso, di fronte al pesantissimo capo di accusa di omicidio volontario che pende sulla testa dei dirigenti della multinazionale, come reagirà la ThyssenKrupp?». Se lo chiede il presidente della Commissione lavoro della Camera, Gianni Pagliarini del Pdci: la multinazionale tedesca «spargerà nuovi veleni a mezzo stampa o proverà ad ammettere le sue responsabilità? Non è nostro costume - aggiunge - entrare nel merito delle indagini della magistratura, della cui celerità comunque mi compiaccio, ma qui ci sono di mezzo la vita di sette lavoratori insieme alle loro famiglie e il futuro dell'azienda torinese. Ci avviciniamo al momento in cui verrà fatta giustizia ed è lecito attendersi dalla ThyssenKrupp, prima della sentenza, un'assunzione della sua gravissima responsabilità: per non aver saputo tutelare la vita e la salute di chi lavora».

Dello stesso parere Pino Sgobio, capogruppo del Pdci alla Camera: «Rabbia e sdegno nei confronti dei vertici dell'azienda. I due elementi su cui si basa l'accusa di omicidio volontario della procura di Torino, cui va un plauso per la celerità, fanno davvero rabbrividire, a dimostrazione del fatto che sul tema della sicurezza non bisogna mai e poi mai abbassare la guardia. I sette lavoratori della ThyssenKrupp, stando ai risultati dell'inchiesta, sono morti per incuria e per mancanza di rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. A questo punto chi ha le responsabilità per quanto accaduto deve assumersi le responsabilità fino in fondo».

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