mercoledì 30 luglio 2008

Lettera alle compagne e ai compagni

Siamo precipitati nel baratro un giorno di aprile, quando milioni di italiani hanno deciso di non votare Sinistra Arcobaleno e molti altri di astenersi dal votare un cartello elettorale, creato senza la necessaria preparazione dalle classi dirigenti dei due partiti comunisti, dei verdi e di sinistra democratica.
Oggi, finite le fasi congressuali, l’imperativo è ripartire.
Ma come? Con che struttura? Con quale volto?


Io compagni, come voi sapete, ho deciso di astenermi , nell’ultimo congresso federale, dal votare i due documenti, perché non né condividevo le idee, la linea politica da seguire e la casa dentro la quale stare. La società italiana, come sappiamo compagni, è passata, negli ultimi anni, da una visione prevalentemente ideologizzata dei rapporti sociali (a prevalente egemonia culturale di sinistra) a una in cui prevalgono l’indifferentismo sociale e la a-moralità individuale (a prevalente egemonia culturale di destra).


Vi è infatti oggi tanta indifferenza ed egoismo nella società quanto un tempo vi era passione ideologica e voglia di cambiamento sociale......
In realtà, insieme alle ideologie, sembra morta anche l’idea di progresso e di miglioramento delle condizioni generali di vita, in particolare quelle del lavoro, sempre più squalificato, mal pagato e precarizzato, ed è aumentata l’insofferenza verso l’altro, il diverso, sia esso rom o gay, che denota un pericoloso scivolamento razzistico.
La vulgata del momento è: "ognuno pensi per sé", in una logica preoccupante del “si salvi chi può”, ma se mi salvo io è meglio......
Qualcuno, che ha interesse a magnificare lo status quo, dirà che è sempre stato così; sappiamo tutti, invece, che non è vero.


L’indifferentismo sociale si traduce anche in una a-moralità diffusa: lo dimostra l’atteggiamento degli italiani davanti alle ultime perfomance di Berlusconi. Ciò significa che a livello pratico, a livello del senso comune, si è fatta strada ormai una mentalità relativistica e a-morale, dove si mischiano opportunismo e machismo, mitologia del successo e apologia del denaro. Berlusconi rappresenta tutto questo insieme, ciò che tanti italiani e tanti giovani, ahimè, vorrebbero essere.


Se 30 anni fa i riferimenti culturali per i giovani erano Enrico Berlinguer ed Aldo Moro, il regresso appare evidente….


La società della comunicazione non è una società trasparente, ma una Chimera dalla quale, il più delle volte, è difficile cogliere uno spiraglio di realtà con cui verificare lo stato dell'arte.....Cioè la realtà delle cose.Si dice che l'idea di realtà come verità oggettiva, è tramontata definitivamente. Insomma, che non esistono più i fatti, ma solo l'interpretazione dei fatti....


Questo discorso, però, non mi convince del tutto: le vergognose disuguaglianze economiche, lo sfruttamento del lavoro nero, l'umiliazione della precarietà a vita, le discriminazioni etniche o razziali, quelle sessuali o di genere, le morti sul lavoro, la violenza ai minori, la pedofilia, i cambiamenti climatici dovuti all'effetto serra, sono lì ad attestarci che i fatti non sono scomparsi, e che non è vero che la verità oggettiva, questa araba fenice del nostro tempo, non sia più identificabile, che tutto è interpretazione....


Tutte queste cose sono reali, eccome se sono reali!!!


Eppure, sono sempre più convinto che questa supposta "perdita" di realtà (una percezione?), questa quotidiana chimera mediatica, ha a che fare con la crisi della sinistra, con la fine delle ideologie, con l'avvento dell'indifferentismo sociale e dell'a-moralità come mentalità pratica.


In ogni caso, la resa alla globalizzazione liberista, vista come qualcosa di ineluttabile che non solo non può essere fermata, ma nemmeno regolata, perché –e questo è il dogma vero e proprio – qualsiasi intervento dello stato o della politica è considerato contrario al mercato e quindi va evitato, ha interessato la destra quanto la sinistra cosiddetta riformista, ora quasi tutta dentro il PD.


A tal punto questa idea ha raggiunto anche le sfere del senso comune, che idee alternative o che invitavano a ripensare il ruolo dello Stato, dell’intervento pubblico in chiave anticiclica o di redistribuzione della ricchezza, sono state fortemente penalizzate fino a sparire dal Parlamento.


Ora che invece si invoca lo Stato a destra e a manca, e si incominciano a nutrire forti dubbi sulle virtù salvifiche del mercato lasciato a sé stesso, l’uscita dall’agone politico proprio di chi a questo si era opposto, cioè della sinistra, sembra sempre più un fatto paradossale, una follia tipica del tempo in cui viviamo.


A questo riguardo, vorrei dire che il vero discrimine fra destra e sinistra sta, a mio avviso, nel concetto di libera iniziativa individuale e, per estensione, di ricchezza individuale, compatibili con la giustizia sociale.


La ricchezza, per la sinistra, è cosa buona, solo quando è accumulata onestamente e legalmente. Non quando è ottenuta a spese di lavoratori in nero, o sotto ricatto perché privi di tutele sindacali, o perché caduti nell’inferno della precarizzazione a vita, o risparmiando, fino alla morte, sulla loro sicurezza e salute fisica, o ancora sottopagandoli con salari da fame, contrastanti persino con lo stesso spirito della nostra Costituzione, che all'art. 36 afferma: “La retribuzione deve essere sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”.
Quella ricchezza che ne deriva non può essere chiamata “cosa buona” o ricompensa del lavoro imprenditoriale ; ma solo sopruso, rapina, sfruttamento.


Del resto, se così non fosse, il rapporto di lavoro si configurerebbe come un rapporto schiavistico o di corvée, dove il salario non è proporzionale alla ricchezza nazionale prodotta e relativo al principio costituzionale di una esistenza “libera e dignitosa”, ma ad una gentile elargizione del signore o del padrone di turno, dal quale dipende la vita del lavoratore. Insomma, si configurerebbe come sfruttamento o come una coazione in stato di bisogno. Un rapporto feudale.
Detto questo, compagni, penso che per opporsi alle ventate di manganello delle destre e alla loro rinverdita egemonia nella società, non serva rinchiudersi in riserve indiane, o meglio in cunette identitarie ricoperte da simboli o canzoni nostalgiche di un passato, oramai, troppo lontano.
E’ per questo che ritengo sbagliata un tipo di politica che pensi di riunire prima i comunisti e poi la sinistra, perché ho paura che così facendo, si perdano per strada tante risorse umane di area, che non si identificano in un partito comunista.
Non sarei onesto con me stesso se accettassi questa proposta per solo spirito di gruppo o di appartenenza.Ora più che mai, abbiamo bisogno di ricostruire un cammino, per riallacciare i fili spezzati tra noi e la nostra gente, tra noi e i lavoratori. Dobbiamo rispondere ad un impoverimento culturale della società e ad una desertificazione dei rapporti sociali, dove sappiamo, la destra sguazza come un pesce nell’acqua.
Tutto ciò, compagni, lo si può fare disincagliando le ideologie del ‘900 e rivisitandole nel XXI secolo, cercando di non pensare alle tradizioni politiche come sola fonte di linfa vitale, ma come orizzonte con il quale misurarsi nella realtà.
Abbiamo bisogno di una sinistra di popolo, della nostra gente, delle nostre feste, delle nostre manifestazioni in piazza e delle nostre idee. Abbiamo bisogno di iniziative dal basso a partire dai luoghi di lavoro, dalle scuole e dalle Università, perché l’egemonia si costruisce sul campo e non solo dentro le sezioni dei partiti.





Giancarlo Balbina
Fgci Alghero

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