La crisi finanziaria iniziata nel 2007 negli Stati Uniti d’America ha investito tutto il sistema economico finanziario. Una recessione senza precedenti, che ha prodotto gravi conseguenze sociali per le famiglie e le persone. Infatti l’Europa è malata gravemente, ed entro il 2010 il tasso di disoccupazione probabilmente salirà in modo vertiginoso.
I danni sono evidenti a tutti e servono interventi urgenti: bisogna partire da misure che evitino il ritiro prematuro dei lavoratori dal mercato di lavoro, dalla riforma del sistema pensionistico e degli ammortizzatori sociali. Queste misure però risultano insufficienti se parallelamente non si promuove l’auto-sviluppo, l’inclusione sociale e non si da il via alla regolamentazione dei mercati finanziari per evitare altre crisi sistemiche.
I mercati finanziari, infatti, sono profondamente cambiati rispetto al passato, ed il capitalismo industriale si è trasformato in capitalismo finanziario.
Tutti questi fenomeni sociali ed economici hanno portato alla “finanziarizzazione” della società; l’uomo è diventato ormai un “animale economico” che con il suo “egoismo razionale” ha creduto che il mercato si potesse auto-regolare senza l’intervento dello stato.
La finanza ci ha fatto credere che il rischio economico può essere cancellato, ed il “mito della performance” ci ha indotto a pensare che una cosa è sicura per il solo fatto di essere possibile.
Questa concezione dell’economia ha portato ad allontanare sempre più la politica dalle decisioni in campo economico: le conseguenze disastrose di certe scelte si riflettono sempre sui lavoratori e mai sui padroni!
Sono aumentate le categorie professionali soggette alla crisi e i salari sono sempre più bassi: il capitalismo ha rimosso ogni senso sociale che non si risolva nei suoi apparati.
Bisogna ripensare l’uomo come un fine e non come un mezzo, creando delle riforme del mercato del lavoro che proteggano i lavoratori dai nuovi rischi di esclusione sociale; è fondamentale, come dicono molti economisti, “separare i soldi dagli imbecilli”, cancellando l’onnipotenza della finanza dal mondo del lavoro. Solo così si potrà iniziare ad uscire dalla crisi.
Francesco Manos
I danni sono evidenti a tutti e servono interventi urgenti: bisogna partire da misure che evitino il ritiro prematuro dei lavoratori dal mercato di lavoro, dalla riforma del sistema pensionistico e degli ammortizzatori sociali. Queste misure però risultano insufficienti se parallelamente non si promuove l’auto-sviluppo, l’inclusione sociale e non si da il via alla regolamentazione dei mercati finanziari per evitare altre crisi sistemiche.
I mercati finanziari, infatti, sono profondamente cambiati rispetto al passato, ed il capitalismo industriale si è trasformato in capitalismo finanziario.
Tutti questi fenomeni sociali ed economici hanno portato alla “finanziarizzazione” della società; l’uomo è diventato ormai un “animale economico” che con il suo “egoismo razionale” ha creduto che il mercato si potesse auto-regolare senza l’intervento dello stato.
La finanza ci ha fatto credere che il rischio economico può essere cancellato, ed il “mito della performance” ci ha indotto a pensare che una cosa è sicura per il solo fatto di essere possibile.
Questa concezione dell’economia ha portato ad allontanare sempre più la politica dalle decisioni in campo economico: le conseguenze disastrose di certe scelte si riflettono sempre sui lavoratori e mai sui padroni!
Sono aumentate le categorie professionali soggette alla crisi e i salari sono sempre più bassi: il capitalismo ha rimosso ogni senso sociale che non si risolva nei suoi apparati.
Bisogna ripensare l’uomo come un fine e non come un mezzo, creando delle riforme del mercato del lavoro che proteggano i lavoratori dai nuovi rischi di esclusione sociale; è fondamentale, come dicono molti economisti, “separare i soldi dagli imbecilli”, cancellando l’onnipotenza della finanza dal mondo del lavoro. Solo così si potrà iniziare ad uscire dalla crisi.
Francesco Manos
Nessun commento:
Posta un commento